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F.A.Q. Condominio, Domande e Risposte frequenti sull'Amministrazione Condominiale




Natura contrattuale del regolamento di condominio?
Il regolamento condominiale non ha natura contrattuale di per sé, ma solo in relazione a quelle clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, ovvero attribuenti ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto a quelli degli altri, e non invece, in relazione a quelle clausole che si limitano semplicemente a disciplinare l’uso e la manutenzione dei beni comuni; e solo per la modifica delle clausole aventi natura contrattuale è richiesta l’unanimità dei consensi, ferma restando, in ogni caso, la necessità della forma scritta a pena di nullità.


Niente spese di riscaldamento se il proprietario trasforma il piano-cantina in box o negozio?
I proprietari dei locali al piano-cantine, adibiti a box o negozi, non sono tenuti al pagamento delle spese di riscaldamento se non usufruiscono della caldaia comune. Lo ha stabilito la sentenza n. 636 del 23 febbraio 2015 del Tribunale di Genova, secondo cui la delibera con la quale l'assemblea di condominio ripartisce gli oneri anche a carico dei locali che non sono serviti dall'impianto di riscaldamento comune è nulla (non semplicemente annullabile) e, di conseguenza, è sempre impugnabile senza limiti di tempo. Nel caso di specie, il giudice ligure ha accolto l'impugnazione presentata dai proprietari di varie unità immobiliari situate nel piano fondi dell'edificio condominiale (adibite a box e negozi) contro la delibera con la quale l'assemblea aveva deciso la messa a norma della caldaia, con ripartizione delle spese anche a carico di essi attori, nonostante i propri immobili non usufruissero del riscaldamento comune. Il condominio si era difeso eccependo tra l'altro la tardività dell'impugnazione, proposta oltre il termine di 30 giorni previsto dall'art. 1137 c.c. Ma il tribunale ha respinto tale eccezione, posto che, nel caso in esame, la delibera impugnata deve ritenersi affetta da nullità e non semplicemente annullabile, in quanto non attiene alla ripartizione delle spese, ma piuttosto al fatto che le unità immobiliari degli attori non usufruiscono del servizio di riscaldamento comune a cui le spese di riferiscono. => Magazzino non riscaldato perché il proprietario deve pagare ugualmente le spese? La sentenza in commento aderisce ad un recente orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui: “in tema di condominio negli edifici, è nulla - e non soggetta, quindi, al termine di impugnazione di cui all'art. 1137 cod. civ. - la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), cui non sia comune, né siano serviti dall'impianto di riscaldamento, trattandosi di delibera che inerisce ai diritti individuali di tali condomini e non alla mera determinazione quantitativa del riparto delle spese” (Cass. civ., 3/10/2013 n. 22634). Nel caso specifico, peraltro, è lo stesso regolamento di condominio a stabilire che il locale caldaia dove ritenersi di proprietà comune dei soli condomini titolari dei 51 appartamenti, con esclusione dunque degli immobili aventi diversa destinazione. Dunque, la delibera è annullabile se l'oggetto della contestazione riguarda i criteri utilizzati per ripartire le spese condominiali; diversamente, la delibera è nulla se si discute della proprietà delle parti comuni a cui si riferiscono le spese da ripartire. Si tratta di una distinzione di non poco conto, nel primo caso, la deliberazione può essere impugnata innanzi al giudice competente entro il termine di 30 giorno previsto dall'art. 1137 c.c. e solo dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti, mentre nel secondo caso la delibera potrà essere sempre impugnata in ogni tempo e da tutti i condomini interessati. Fonte http://www.condominioweb.com/spese-condominiali-cantine-adibite-a-box-negozi.12075#ixzz3mMWGUb6t www.condominioweb.com


Non sempre il regolamento contrattuale contiene clausole di natura contrattuale: come eseguire tale valutazione?
Il codice civile disciplina il regolamento di condominio limitandosi a chiarire quale deve essere il suo contenuto e quali devono essere i quorum deliberativi per adottarlo. Al di là degli aspetti contenutistici dottrina e giurisprudenza sono solite affermare che “ il regolamento di condominio, quali ne siano l’origine ed il procedimento di formazione (accettazione da parte dei singoli acquirenti delle unità immobiliari condominiali del regolamento predisposto dall’originario unico proprietario dell’intero edificio oppure deliberazione dell’assemblea dei condomini votata con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c.), si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto convenzionale del condominio, che ne disciplina la vita e l’attività come ente di gestione (ferma l’inderogabilità di alcune norma concernenti specifici aspetti della disciplina legislativa), come atto volto ad incidere su di un “rapporto plurisoggettivo” concettualmente unico con un complesso di regole giuridicamente vincolanti per tutti i condomini” (Scorzelli, Il regolamento di condominio, Fag,2007; conf. Cass. 29 novembre 1995 n. 12342). Ciò detto è sempre bene ricordare che lo statuto della compagine può avere origine assembleare, se è approvato dall’assise, o contrattuale, se sottoscritto da tutti i condomini. Al di là dell’origine è ben possibile che il contenuto sia identico. Sul punto, a partire dal 1999 (anno di pronuncia della sent. n. 943 delle Sezioni Unite), la Cassazione è unanime nell’affermare che “ le clausole dei regolamenti condominiali predisposti dall'originario proprietario dell'edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonchè quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l'uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare; ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall'unanimità dei condomini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c., comma 2” (Cass. 15 giugno 2012 n. 9877). Un esempio chiarirà la portata di questi principi. S’ipotizzi che il condominio Alfa sia dotato di regolamento contrattuale nel quale è stabilito che l’assemblea dev’essere convocata inviando il relativo avviso non meno di dieci giorni prima della data fissata per la prima convocazione. Con il passare del tempo i condomini si rendono conto dell’eccessiva lunghezza di tale termine e decidono di porvi rimedio modificandolo. La clausola è contenuta in un regolamento contrattuale ma ha chiaramente natura assembleare. Ergo: l’assemblea potrà modificarla con le stesse maggioranze previste per l’approvazione e la revisione del regolamento assembleare.


Non sempre il regolamento contrattuale contiene clausole di natura contrattuale: come eseguire tale valutazione?
Il codice civile disciplina il regolamento di condominio limitandosi a chiarire quale deve essere il suo contenuto e quali devono essere i quorum deliberativi per adottarlo. Al di là degli aspetti contenutistici dottrina e giurisprudenza sono solite affermare che “ il regolamento di condominio, quali ne siano l’origine ed il procedimento di formazione (accettazione da parte dei singoli acquirenti delle unità immobiliari condominiali del regolamento predisposto dall’originario unico proprietario dell’intero edificio oppure deliberazione dell’assemblea dei condomini votata con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c.), si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto convenzionale del condominio, che ne disciplina la vita e l’attività come ente di gestione (ferma l’inderogabilità di alcune norma concernenti specifici aspetti della disciplina legislativa), come atto volto ad incidere su di un “rapporto plurisoggettivo” concettualmente unico con un complesso di regole giuridicamente vincolanti per tutti i condomini” (Scorzelli, Il regolamento di condominio, Fag,2007; conf. Cass. 29 novembre 1995 n. 12342). Ciò detto è sempre bene ricordare che lo statuto della compagine può avere origine assembleare, se è approvato dall’assise, o contrattuale, se sottoscritto da tutti i condomini. Al di là dell’origine è ben possibile che il contenuto sia identico. Sul punto, a partire dal 1999 (anno di pronuncia della sent. n. 943 delle Sezioni Unite), la Cassazione è unanime nell’affermare che “ le clausole dei regolamenti condominiali predisposti dall'originario proprietario dell'edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonchè quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l'uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare; ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall'unanimità dei condomini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c., comma 2” (Cass. 15 giugno 2012 n. 9877). Un esempio chiarirà la portata di questi principi. S’ipotizzi che il condominio Alfa sia dotato di regolamento contrattuale nel quale è stabilito che l’assemblea dev’essere convocata inviando il relativo avviso non meno di dieci giorni prima della data fissata per la prima convocazione. Con il passare del tempo i condomini si rendono conto dell’eccessiva lunghezza di tale termine e decidono di porvi rimedio modificandolo. La clausola è contenuta in un regolamento contrattuale ma ha chiaramente natura assembleare. Ergo: l’assemblea potrà modificarla con le stesse maggioranze previste per l’approvazione e la revisione del regolamento assembleare. Fonte http://www.condominioweb.com/non-sempre-il-regolamento-contrattuale-contiene-clausole-di-natura-contrattuale-come-eseguire.1065#ixzz3mMcINK9g www.condominioweb.com


Opere realizzate in un supercondominio in violazione del regolamento. I danni agli altri condomini vanno risarciti?
La presenza, nel regolamento contrattuale di un supercondominio, del divieto di apportare modifiche strutturali, funzionali ed estetiche alle proprietà individuali rende superfluo, allorché si lamenti la sua violazione, l'esame giudiziale circa il rispetto, o meno, del decoro architettonico dell'intero complesso immobiliare, e la sua trasgressione importa in sè il diritto al risarcimento del danno. Il caso. Tizio conveniva in giudizio Caio al fine di chiedere la riduzione in pristino stato dello stabile condominiale in seguito agli interventi eseguiti al piano quarto del fabbricato e al sottotetto, in quanto lamentava la violazione del regolamento condominiale. Chiedeva, altresì, che venisse confermata l'ordinanza cautelare emessa dal medesimo Tribunale precedentemente, con la quale era stata ordinato a Caio l'esecuzione di interventi strutturali e di rinforzo del solaio. Caio si costituiva ritualmente in giudizio, resistendo alla domanda dell'attore e chiedendo, altresì, la revoca dell'ordinanza cautelare. Frattanto, con atto di intervento adesivo alle domande attrici, si costituiva in giudizio Sempronio (altro vicino d'appartamento), il quale chiedeva, altresì, la condanna di Caio al ripristino dei locali di sua esclusiva proprietà, alla rimozione dei contatori ed apparati elettrici collocati nella cantina di oltre al risarcimento dei danni a causa delle lesioni apparse nel suo immobile, dopo l'esecuzione delle opere predette. La causa veniva istruita attraverso Consulenza Tecnica d'Ufficio (d'ora in avanti CTU) volta ad accertare, da un lato, la natura delle opere eseguite da Caio (in particolare, se esse abbiano integrato una sopraelevazione, ovvero una alterazione del decoro architettonico dello stabile condominiale, ovvero una alterazione della simmetria dell'immobile), dall'altro, se i danni lamentati da Sempronio siano conseguenza degli interventi dallo eseguiti da Caio. Le risultanze della CTU e il contenuto del Regolamento. Il perito del tribunale, al riguardo, ha accertato che le opere de quibus hanno realizzato una sopraelevazione alterando la simmetria dell'edificio; lo stesso ha poi rilevato che tali opere si ponevano in contrasto con le previsioni regolamentari, laddove stabilivano il divieto di apportare a ciascun immobile del fabbricato modifiche in grado di pregiudicare la solidità, la simmetria, l'estetica e l'igiene, se non dietro autorizzazione preventiva da parte dell'assemblea condominiale. Dall'altra parte,il tecnico del tribunale ha rilevato come plausibile e degna di nota la circostanza che i lavori svolti al piano superiore da Caio siano all'origine delle fessure osservate nell'appartamento sottostante di Sempronio. La Sentenza. Tanto è bastato al decidente per condannare Caio alla riduzione in ripristino del proprio immobile e al risarcimento del danno in favore di Sempronio. Richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali (Cass., 13 giugno 2013, n. 14898), il Giudice de quo ha qualificato complementi costitutivi di servitù reciproche i patti limitativi contenuti in regolamenti accettati dalle parti. Sotto tale profilo, il contratto condominiale accettato dai singoli acquirenti nei rispettivi atti di acquisto è ben in grado di prevedere tali limiti alla proprietà privata. In particolare: "il regolamento di un supercondominio predisposto dall'originario unico proprietario del complesso di edifici, accettato dagli acquirenti net singoli atti di acquisto e trascritto nei registri immobiliari, in virtù del suo carattere convenzionale, vincola i successivi acquirenti senza limiti di tempo, non solo relativamente alle clausole che disciplinano l'uso ed il godimento dei servizi e delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca”. Conclusione. Le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale possono imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito. In particolare, tali norme risultano sempre vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione del documento in conservatoria dei registri immobiliari, nell'atto di acquisto se ne faccia esplicito riferimento. Nel qual caso (come visto sopra), la giurisprudenza è costante nel ritenere che - seppure il regolamento non sia inserito materialmente nel rogito stesso deve ritenersi conosciuto o accettato in base al mero richiamo o alla menzione di esso nel contratto (Cass., 3 luglio 2003, n. 10523). Fonte http://www.condominioweb.com/supercondominio-un-condomino-realizza-delle-opere-in-violazione-del-regolamento.11438#ixzz3mMXiZHyB www.condominioweb.com



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