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F.A.Q. Condominio, Domande e Risposte frequenti sull'Amministrazione Condominiale




Quanto è il compenso di un Amministratore di Condominio?
Il compenso (tariffa) di un amministratore di condominio, stabilito al momento del conferimento dell’incarico, varia a seconda delle caratteristiche del complesso condominiale, il numero degli appartamenti (condomini) e le parti in comune dell'edificio.


Regolamento condominiale contrattuale e clausole regolamentari. Cosa sapere?
In tema di condominio negli edifici ha natura regolamentare la clausola che disciplina le modalità d'uso del parcheggio comune anche se inserita in un regolamento avente origine contrattuale. Questa, in estrema sintesi, la decisione resa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 9681 del 6 maggio 2014. La pronuncia s'inerisce nel solco della tradizionale distinzione tra clausole regolamentari e contrattuali e ribadisce che è ben possibile che un regolamento contrattuale contenga clausole di natura assembleare, come tali modificabili con la normale procedura di revisione del regolamento assembleare (cfr. art. 1138 c.c.) => Nozione di regolamento condominiale Il regolamento di condominio, a dircelo è la giurisprudenza, è l'atto con il quale si disciplinano una serie di aspetti, menzionati nell'art. 1138 c.c., inerenti la gestione della compagine cui si riferisce. Più specificamente, secondo la Cassazione, "il regolamento di condominio, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione e, quindi, anche quando abbia natura contrattuale, si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale, quanto, soprattutto, per i singoli condomini" (Cass. 29 novembre 1995 n. 12342). Il regolamento condominiale, è bene ricordarlo, è obbligatorio quando i condomini sono più di dieci. Con il termine condomini, vale la pena evidenziarlo, si fa riferimento ai proprietari di un'unità immobiliare ubicata in un complesso condominiale. Più comproprietari di una medesima unità immobiliare, ai fini del computo dei condomini, devono essere considerati alla stregua di un unico partecipante al condominio (cfr. art. 67 disp. att. c.c.). Il regolamento può avere origine e natura assembleare oppure origine contrattuale e natura contrattuale oppure ancora origine contrattuale e natura mista (ossia contenere clausole contrattuali ed assembleari). Il regolamento assembleare dev'essere approvato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, che rappresentino almeno 500 millesimi. La modifiche possono essere deliberate con le medesime maggioranze. Nel caso del regolamento contrattuale il discorso è più articolato. Esso è sempre approvato con il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio. La differenza sostanziale tra i due tipi di regolamento sta nel fatto che solamente quest'ultimo può contenere clausole limitatrici dei diritti dei singoli sulle cose comuni e di proprietà esclusiva che si sostanzino in oneri reali, obbligazioni propter rem o vere e proprie servitù. Unico limite: l'inderogabilità delle norme elencate nel quarto comma dell'art. 1138 c.c. Il regolamento negoziale, tuttavia, può anche contenere delle semplici clausole regolamentari. La distinzione della natura delle clausole è di fondamentale importanza. Infatti mentre per la modificazione delle clausole contrattuali è sempre necessario il consenso scritto di tutti i condomini, per la revisione delle norme regolamentari contenute in un regolamento contrattuale è sufficiente una deliberazione assembleare adottata con le maggioranze previste dall'art. 1138 c.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 943/99). Natura delle clausole che disciplinano l'uso del parcheggio condominiale Nel caso risolto dalla Cassazione con la sentenza n. 9681, un condomino impugnava una delibera assembleare che aveva disposto l'uso del cortile-parcheggio comune con sistema turnario. Motivo dell'impugnazione: la disciplina dell'uso del cortile era già contenuta in un articolo del regolamento di natura contrattuale sicché per modificare tale norma sarebbe stato necessario il consenso scritto di tutti i condomini. In primo grado il condomino impugnante vedeva riconosciute le proprie ragioni ma il giudizio d'appello capovolgeva la situazione. Da qui il ricorso in Cassazione dell'originario attore. Ricorso respinto. Si legge nella sentenza resa dagli ermellini che "la Corte di appello, partendo dalla corretta premessa che le disposizioni del regolamento di condominio le quali disciplinano l'uso delle parti comuni non hanno natura contrattuale per il solo fatto che siano state approvate all'unanimità, ha ritenuto che la clausola in questione faceva parte del contenuto normale del regolamento di condominio, di cui all'art. 1138, primo comma, cod. civ., per cui poteva essere modificata con la maggioranza prevista dal successivo terzo comma" (Cass. 6 maggio 2014 n. 9681). Chiaramente l'esame della natura negoziale o regolamentare di una norma dev'essere eseguito caso per caso sicché la specifica formulazione della clausola, anche nell'ambito complessivo in cui è posta, può incidere sulla sua natura.


Se il regolamento contrattuale vieta di adibire l'appartamento a studio fotografico si può rivolgere al giudice di pace?
Questa, in sostanza, la domanda cui ha fornito risposta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 23287, depositata in cancelleria il 31 ottobre 2014. Il caso. In condomino adibiva parte della sua abitazione a studio fotografico. Il regolamento condominiale contrattuale imponeva ai condomini di "mantenere la destinazione d'uso del fabbricato quale zona residenziale". In considerazione di ciò un altro comproprietario faceva causa al fotografo per ottenere la cessazione della violazione della norma regolamentare ed il risarcimento del danno. La causa veniva incardinata davanti al Giudice di Pace che, nonostante le obiezioni del convenuto si riteneva competente a deciderla, sancendo l'illegittimo uso da parte del fotografo. La sentenza veniva confermato in appello anche in relazione alla contestata competenza a decidere da parte del giudice di prime cure. Da qui l'epilogo della controversia davanti ai giudici di legittimità. La controversia, quindi, più che sul rispetto del regolamento condominiale contrattuale s'è basata sulla competenza del giudice chiamato a decidere sulla sua osservanza. Ad ogni buon conto, giacché le questioni processuali non cancellano la sostanza, è bene dire che i giudici chiamati a decidere sull'osservanza del regolamento condominiale avevano fatto giusta applicazione di quel principio a mente del quale "in materia di condominio negli edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale di tutti o alcuni dei condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell'interesse di tutto il condominio o di una sua parte, e che vietano, in particolare, a tutti o ad alcuni dei condomini di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, ovvero li obbligano a preservarne le originarie destinazioni per l'utilità generale dell'intero edificio, o di una sua parte" (Cass. 19 ottobre 1998 n. 10335). Nel caso di specie l'attività di fotografo, nei gradi di merito, è stata ritenuta incompatibile con l'obbligo previsto dal regolamento condominiale contrattuale di mantenere la destinazione d'uso dell'immobile quale zona residenziale. Gli ermellini, tuttavia, non hanno valutato la legittimità di questa presa di posizione, ma la possibilità del giudice che s'era pronunciato in tal modo di farlo; e secondo loro non era possibile. Motivo? Si legge in sentenza che la limitazione “all'esercizio del diritto di un condomino sulla sua proprietà esclusiva derivanti da una clausola regolamentare, non rientra tra le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi del condominio, di competenza del Giudice di Pace, che sono sia quelle che riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative del diritto di godimento dei singoli condomini sulle cose comuni, sia quelle che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione in proporzione delle rispettive quote (Cass. Ord. 18-2-2008 n. 3937)” (Cass. 31 ottobre 2014 n. 23287). Fonte http://www.condominioweb.com/studio-in-condominio-e-violazione-regolamento-contrattuale.11494#ixzz3mMXpyoey www.condominioweb.com


Se l'assemblea di condominio non vi provvede, è possibile rivolgersi all'Autorità Giudiziaria per la formazione di un regolamento condominiale giudiziale?
La risposta alla domanda è tutt'altro che di facile soluzione e, ad oggi, le teorie che si contendono il campo in materia di regolamento condominiale giudiziale sono tre, così sintetizzabili; a) è possibile chiedere qualcosa di simile all'Autorità Giudiziaria; b) non è possibile addivenire alla formazione di un regolamento condominiale giudiziale; c) è possibile ma solamente a determinate condizioni. Prima di entrate nel merito della vicenda, rispetto alla quale si segnala anche una presa di posizione giurisprudenziale, oltre alle varie teorie dottrinarie è utile, meglio fondamentale, delimitare il campo di azione: la questione della possibilità dell'approvazione di un regolamento condominiale giudiziale riguarda solamente quelle ipotesi in cui l'assemblea deve formare un regolamento, ossia quei condominii con più di dieci partecipanti. Come per le compagine con più di otto condòmini – rispetto alle quali la nomina è obbligatoria – è possibile addivenire alla nomina dell'amministratore da parte del Tribunale, mentre nelle ipotesi di condominii più piccoli ciò è precluso (salvo il caso dell'art. 1105, quarto comma, c.c.), così per il regolamento la soglia di obbligatorietà incide sull'eventualità in esame. Per comprendere le posizioni succitate è utile volgere innanzitutto lo sguardo all'opera della giurisprudenza. Secondo la Corte di Cassazione “i regolamenti condominiali, non approvati dall'assemblea ma, adottati coattivamente, in virtù di sentenza attuativa del diritto potestativo di ciascun partecipe di condominio con più di dieci componenti di ottenere la formazione del regolamento della comunione, in necessaria correlazione con la natura del titolo giurisdizionale che ne costituisce la fonte, hanno autoritativamente, ai sensi dell'art. 2909 cod. civ., efficacia vincolante per tutti i componenti della collettività condominiale, indipendentemente dalla circostanza che la loro adozione sia avvenuta nel dissenso, totale o parziale, di taluno di essi, allorché la pronuncia che ne abbia sanzionato l'operatività sia divenuta non più impugnabile e, quindi, definitiva ed irretrattabile” (Cass. 1 febbraio 1993 n. 1218). Insomma per la Cassazione non solamente può esistere un regolamento condominiale giudiziale, ma esso ha la forza di una sentenza e, quindi, nella sostanza di un regolamento contrattuale (Pulizia scale e regolamento contrattuale). Parte della dottrina, tuttavia, ritiene che si possa arrivare alla formazione del regolamento giudiziale solamente dopo un infruttuoso tentativo di approvazione assembleare, come accade per l'ipotesi di ricorso per la nomina dell'amministratore. Secondo questa dottrina, “occorre che un condomino prenda l'iniziativa del regolamento e che l'assemblea non lo approvi; contro la deliberazione, poiché essa viola la norma per cui è obbligatorio il regolamento, il condomino ricorrerà al giudice e questi approverà il regolamento proposto, se gli altri condomini non ne modificheranno a maggioranza le clausole” (Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982). Per altri autori, infine, all'Autorità Giudiziaria è completamente precluso il potere d'intervento in materia di formazione del regolamento condominiale, perché la legge non lo prevede. Per una disamina delle varie posizioni sull'argomento si consiglia A. Scarpa – A. Celeste, Riforma del condominio, Giuffré, 2013.


Studio medico in condominio, il regolamento di condominio e l'assemblea. Che fare?
Solo l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini. Il contenuto di un regolamento di condominio – il quale è obbligatorio quando in un edificio il numero dei condòmini è superiore a dieci - può essere il più vario: in genere esso disciplina l'uso delle cose comuni (1117 c.c.), la ripartizione delle spese (1123 c.c.), la tutela del decoro architettonico e le modalità di gestione (rectius, amministrazione) dello stabile. In particolare, hanno natura regolamentare e quindi sono modificabili dall'assemblea con la maggioranza prevista dall'articolo 1136 c.c. le sole clausole che coinvolgono interessi impersonali della collettività dei condòmini, mentre hanno natura contrattuale e sono modificabili con il consenso unanime dei condomini le clausole che incidono sulla sfera soggettiva dei medesimi. Quando il regolamento vieta l'asilo nido. Una recente Sentenza della Corte di Appello di Palermo approfondisce tale distinzione: valutando, sullo sfondo di essa, la validità o meno di una delibera assembleare che negava ad un condomino il diritto di concedere in locazione il proprio immobile al responsabile di una clinica medica. Il caso. L'articolo 9 del regolamento di un Condominio siciliano stabiliva che gli appartamenti dei condomini, posti oltre l'ammezzato, dovevano essere esclusivamente destinati ad uso di abitazione familiare, o di studio professionale, con divieto di adibirli a studio e/o a clinica per l'esercizio della professione medico – chirurgica. Sulla scorta della citata previsione, l'Assemblea dei condòmini aveva negato a un condòmino la facoltà di concedere in locazione il proprio immobile ad una clinica medica. La delibera assembleare è stata successivamente impugnata dal compartecipe, al fine di ottenere una declaratoria di inefficacia. Il Tribunale di Palermo, in primo grado, ha accolto la domanda di invalidazione, ponendo nel nulla la statuizione. Il Condominio convenuto in giudizio non aveva, infatti, dato prova in giudizio della natura contrattuale della clausola e/o della approvazione di essa da parte dell'attore. Seguiva il giudizio di appello avanti alla Corte territoriale: ma la Sentenza finale del 21 ottobre 2014 non cambiava la sorte della causa;anzi, rimarcava il ragionamento reso da parte del giudice di prime cure. La motivazione. Le norme dei regolamenti condominiali, laddove si traducono infatti in una limitazione delle facoltà inerenti al diritto di proprietà dei singoli condomini, devono essere approvate all'unanimità e per avere efficacia nei confronti degli aventi causa a titolo particolare dei condomini devono essere trascritte nei registi immobiliari oppure menzionata ed accettate nei singoli atti di acquisto (ex multis, Cass. Civ. 6100/1993; 1560/1995). Ora, nella fattispecie trattata, nessuno di quest'ultimi due presupposti (trascrizione o richiamo nell'atto di acquisto) era presente: da cui il tenore della decisione. Da non perdere: Cosa succede quando un condomino avvia un' attività che può contrastare con l'igiene, la tranquillità, ed il decoro del fabbricato In conclusione. I poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condòmini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificatamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione esplicita del regolamento che la prevedeva (tra le tante, cfr, Cass. Civ. 26468/2007). Solo l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini. Viceversa, una deliberazione che statuisca sul merito è sempre inficiabile con il massimo della sanzione: la nullità, in quanto espressione di un “eccesso di potere” assembleare. Non rientra, invero, tra le attribuzioni dell'assemblea dei condomini ai sensi dell'art. 1135 c.c. la materia afferente i divieti e le limitazione delle destinazioni d'uso da imprimere alle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Dall'altra parte, lo stesso articolo 1138, IV comma stabilisce che “Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e della convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 (68, 70, 71, 72 att.)”. Fonte http://www.condominioweb.com/studio-medico-in-condominio.11740#ixzz3mMX4XlAT www.condominioweb.com



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